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Matteo e Giovanna
PUNTO 7: LA STORIA PASSO DOPO PASSO...
.1.
Intanto a casa continuavano a capitare fatti… Le comunicazioni con la Procura di Roma e con il Quirinale duravano già da mesi. In marzo erano già 4 dall’invio del primo esposto, e avrebbero voluto parlare con un magistrato quanto prima. I due andarono a Roma per capire cosa fare. All’ufficio primi atti di Piazzale Clodio scoprirono che tutte le lettere raccomandate —dalla seconda in avanti— non risultavano nemmeno protocollate! Solo la prima raccomandata inviata a Novembre 2004 era stata assegnata e rispedita in Veneto per competenza ancora verso l’inizio di dicembre. Fanno il conto che sono scomparse le lettere dopo il re-inoltro da Roma a Padova! Chiesero se era possibile che le altre fossero state inviate a Padova. L’impiegato disse che comunque in ogni caso le raccomandate dovevano comparire nel suo database! Non vi erano! Sotto shock tornarono a casa in Veneto. Prepararono altre comunicazioni per la Procura di Roma inclusa la segnalazione di questa anomalia riscontrata. Poi verso metà Aprile ‘05 ritornano a Roma e scoprirono che anche le ultime raccomandate non vi erano: cominciarono ad essere troppe per essere uno smarrimento casuale. Ovviamente non essendo pervenute non avevano generato nessun fascicolo e nessun magistrato se ne era occupato e nessuno si era interessato dei loro problemi e denunce! Verso fine Aprile decisero di inviare una segnalazione anche ad una Procura esterna a Roma: la Procura di Milano.
Pagina:Procura_roma
Pagina: Procura_Milano
Intanto…
Non vi erano novità con la Procura di Roma. Taceva quella di Milano e nessun segnale dal Quirinale/Prefetto. Tutto taceva. I due cittadini mandarono una segnalazione anche alla Procura MILITARE di Roma: segnalazione corredata di copia di tutto il materiale precedentemente inviato alla Procura ordinaria!
Rimanere a casa era diventato pericoloso e ad inizio di giugno 2005 partirono con alcune valigie. Abitavano in collina, non avevano più a disposizione l’automobile che rimasta senza assicurazione e pagamento delle rate, e non esistevano mezzi pubblici dove abitavano. Partirono in treno.
L'estate del 2005 la passarono in una piccola tenda di campeggio sperando che lo Stato sarebbe intervenuto presto. Pensarono che era solo una questione di aspettare l’intervento lento della Procura, ed intanto bastava resistere lontano da casa. L’estate passò senza notizie dalle autorità interpellate e finirono i soldi rimasti. In Veneto avevano ancora la casa di residenza gravata da un mutuo, ma non potevano tornare perché troppo pericoloso! Avevano lasciato sul conto un po' di soldi per pagare qualche mese ancora il mutuo pensando che sarebbero tornati a vivere in quella casa...
In settembre ancor tutto taceva e cominciarono così a scrivere le prime righe in internet sulla loro vicenda sul sito di “ Autodifesa SelfDefense” . Cioè questo! In autunno finirono pure i soldi che avevano e a partire da ottobre ‘05 chiesero aiuti alimentari e un posto dove dormire nella zona del Lago di Iseo. Intanto dormirono in una piccola tenda fino alla vigilia di Natale.
Ormai persa ogni speranza, finalmente in novembre 2005 sembrò aprirsi improvvisamente uno spiraglio: ricevettero per la prima volta in assoluto una comunicazione da un magistrato romano che fece ben sperare .
La comunicazione informava che effettivamente i documenti da loro segnalati non erano pervenuti e che era stata aperta una indagine per smarrimento e/o sottrazione di documentazione. Per loro tutto questo era fondamentale perché ora finalmente non si trattava più solo della loro parola ma anche la conferma di un magistrato!
Era la prima volta che un magistrato scriveva per cui cercarono un appoggio per andare a Roma a parlargli personalmente, ma le autorità locali dissero di arrangiarsi . Non vollero nemmeno sapere niente perché comunque loro essendo “autorità” avevano l’arroganza di sapere già tutto! Purtroppo i carabinieri del lago erano in stretto contatto con quelli di residenza e quest’ultimi non si erano comportati bene. Addirittura uno in servizio al lago disse di provenire da Baone cioè da dove vivevano i due in Veneto!
I
due erano bloccati senza soldi e riuscirono a malapena a cibarsi,
altro
che parlare con il magistrato! Mesi dopo, in febbraio del ‘06
riuscirono a fuggire dalla rete di controllo locale che li teneva
praticamente a vivere come dei vegetali con carenza di cibo e al
freddo. Riuscirono a raggiungere la Polizia di Stato del capoluogo
bresciano. La Polizia si comportò in maniera totalmente diversa
dai
carabinieri: in commissariato rimasero stupiti del foglio del
magistrato e suggerirono di fare quanto prima una tabella con tutti
gli
esposti e reati che erano stati denunciati nelle cosiddette “carte
scomparse” e di ridepositare nuovamente le carte scomparse con una
nuova denuncia querela.
Dunque in Questura venne fatta una nuova denuncia querela. Nel sito vi sono anche i documenti depositati in Questura.
Pagina:Questura_brescia
.4.
Quando a fine
febbraio si erano recati in Questura a Brescia, abitavano in uno
sgabuzzino trasformato in stanzetta da una suora, ma dopo della
denuncia furono rimessi in strada dalla religiosa che portò di
impeto
le loro borse fuori dal cancello. Diceva che i carabinieri erano
d’accordo con lei. Visti i precedenti pensarono che era vero. Non
sarebbe stato possibile discutere con quelle persone. Cercarono aiuto
fuori zona, portandosi via solo lo zaino, lasciando la valigia e la
tenda là al lago. Un sacerdote al di fuori della cerchia locale
diede
loro dei soldi per andare a Roma. Finalmente arrivarono a Roma dove
cercarono di parlare subito con il magistrato che aveva aperto
l'indagine sulla loro documentazione scomparsa. Arrivati a Roma,
riuscirono ad ottenere un aiuto in soldi e usarono quei soldi per
fermarsi qualche giorno all’ostello di Roma. Arrivati in piazzale
Clodio trovarono l’amara sorpresa che il magistrato era in ferie .
Riuscirono entrare lo stesso nel suo ufficio e egualmente a parlare
con
un dipendente. Il dipendente molto gentile spiegò che il loro
procedimento era già stato archiviato due mesi e mezzo prima.
Venne
mostrato nel terminale che comunque quella documentazione che il
magistrato scriveva “scomparsa” era comunque pervenuta. Disse che un
altro fascicolo di un certo Poli2
era confluito su quello lì. Il dipendente suggeriva di andare
subito in
cancelleria.
Nonostante non fossero avvocati riuscirono ad ottenere in cancelleria,
con la marca da bollo adatta, il decreto di archiviazione del
procedimento.
Appena usciti da piazzale Clodio inviarono copia del foglio appena avuto in cancelleria, vale a dire il decreto di archiviazione. Lo inviarono alla Questura di Brescia all’attenzione dell’ispettrice superiore e del vice-questore chi si erano occupati del caso.
Purtroppo non avevano più soldi per rimanere ancora a Roma ad aspettare il ritorno in servizio del magistrato dopo le ferie. Dunque partirono da Roma e trovarono miracolosamente aiuto in casa di accoglienza per poveri ad Assisi. Ad Assisi uno dei due, con l’aiuto del personale della casa di accoglienza, trovò un piccolo lavoro e questo parve prospettare l’inizio di una vita nuova in Umbria. Ma qualcosa si ruppe anche ad Assisi. Dopo l'estate, vennero scaricati anche dalla casa di accoglienza. Sembrava che il direttore avesse chiamato i parenti Veneti, e questi ultimi non volendo sborsare soldi, avessero indotto a mandarli via. In realtà pensarono probabilmente che non avendo più aiuti in Umbria sarebbero ritornati in Veneto. Una cosa simile era successa anche al Lago d’Iseo quando ad un sindaco fu fatto credere che i due erano scappati dalle famiglie per una banale lite ed invitando dunque il sindaco a non aiutarli3!
Nei mesi passati ad Assisi i due speravano che comunque la denuncia querela depositata a Brescia avrebbe aperto qualche strada, ma anche il filone “Brescia” finì nel silenzio e in settembre ‘06 erano ancora lasciati completamente da soli dalla Polizia di Stato. I due chiesero aiuto al Vescovo di Assisi e poi rifugiarono da delle suore vicino ad Assisi . Visto che anche la strada di Brescia era andata chiusa, i due si convinsero ancora di più in quel tempo che i problemi sorti in capo a procure e/o magistrati dovevano essere giudicati da una entità esterna. La legge stabiliva che la Procura esterna detta “controllante” per il loro caso era quella di Perugia.
Decidevano
dunque
per quella strada, ma per una indicazione errata si rivolsero
alla Procura di Napoli invece che a quella preposta per legge. I due
dunque si trovarono a Napoli in data 8 settembre 2006 davanti ad un
addetto molto disponibile che acquisiva comunque la documentazione e
la
portava immediatamente da un magistrato. Un impiegato che diceva di
avere avuto 30 anni di esperienza in Polizia diceva di tenersi
disponibili e pronti per un blitz… A Napoli avevano informazioni che
confermavano quanto loro dicevano: non tanto del loro caso specifico
ma
di casi molto simili per cui non vi fu nessun problema a far capire di
che cosa si trattava. L’indagine era stata portata immediatamente
davanti a un magistrato dell’antimafia. Sigillata. Nel sito si trova
la
denuncia depositata nella Procura di Napoli. Contestati ai magistrati
romani i reati 323 e 490 del codice penale
Pagina:Procura_Perugia
Si ricorda che I due giunsero a Terni da Città di Castello dopo le feste di Natale del 2006, e vi rimasero fino a Marzo 2008. Durante quel periodo vi furono delle serie speranze di rifarsi una vita in quelle terre, ma poi naufragarono per diversi motivi raccontati qui e in “Screening”. L’ultimo periodo fu disastroso e alla fine non restò altro che andare via, più o meno dovettero fare questo per gli stessi motivi che erano successi a Padova nel 2005, per gli stessi motivi accaduti a Marone nel 2005 ed Assisi nel 2006. I contatti con la Polizia di Stato di Terni avevano rallentato il fenomeno che aveva rovinato loro la vita, ma non fermato! Anzi ad un certo punto nacquero delle ostilità anche da parte di un ramo della Questura: quello legato agli ambienti veneti.
Durante la permanenza a Terni non ci furono novità sostanziali né dal procedimento di Perugia né dai Procedimenti aperti nella Procura di Firenze dal magistrato Minna. O almeno a loro non fu detto nulla. Tanto che non vennero nemmeno informati dell’archiviazione dei procedimenti sebbene fosse stato chiesto espressamente nelle carte depositate a Perugia e Firenze!
La realtà è che i due furono spesso trattati come irreperibili quando non si voleva trovarli!
Partiti da Terni nel 2008 finirono per un po’ più di un mese in Abruzzo. Finirono anche qui in un dormitorio, ma non trovando lavoro in quel solo mese di disponibilità, furono costretti ad andare via nuovamente con il pesante fardello, da soli, con due zaini e un quantitativo di carte non indifferente.
.10.
Dopo Terni e Abruzzo i due giunsero nella primavera del 2008 nelle
Marche. Qui riuscirono a trovare l’interessamento di una famiglia
facoltosa che concesse un appartamento. Uno dei due trovò
subito un
lavoro stagionale. L’altro invece non riuscì a trovare lavoro e
si mise
a sistemare i files che poi generarono il fascicolo della denuncia
contro lo Stalker e la Storyboard. Fu un lavoro meticoloso che
durò
mesi. Questo lavoro fu poi depositato in Questura a Terni tra la fine
di marzo 2009 e l’inizio di Aprile e riportato di seguito.
L’interessamento della famiglia facoltosa era avvenuto tramite un loro
figlio, il quale aveva degli obiettivi molto diversi dall’aiutare i
due
per solidarietà come faceva credere. Quella persona, che
all’inizio fu
un aiuto determinante, divenne poi un incubo e una vera disgrazia.
Avrebbero dovuto scrivere “due righe” alla Polizia su quanto era
successo, ma il pargolo era di famiglia molto conosciuta e vantava
buone amicizie nel campo delle forze dell’ordine. Dunque un po’ per
rispetto verso i genitori e un po’ per l’impossibilità di
parlare
dell’argomento… lasciarono perdere. Ma questa situazione purtroppo si
propagò nel tempo, probabilmente nelle forze dell’ordine ed in
altri
contesti generando situazioni assurde. Probabilmente il pargolo
iniettò
una certa disinformazione e diffamazione nella rete non ufficiale
della
Polizia e questo è sicuramente desumibile da fatti successivi
accaduti
nel 2010. Purtroppo le forze dell’ordine hanno spesso il vizio di
acquisire storielle senza verificarle solo perché a raccontarle
è il
figlio di qualche personaggio importante! E questo è un vizio
molto
comune in Italia!
Finita malamente l’avventura nelle Marche, passarono per Terni per lasciare la “StoryBoard” all’ispettore che avevano conosciuto nel 2007 e depositare una denuncia di Stalking nell’ufficio denunce da inviare a Padova.
Nel sito vi si tratta la denuncia per stalking e la “storyboard”.
Pagina:Den612BisStk
Pagina:questura_Terni
sb
.11.
MARE NERO
Passati per Terni e depositata la denuncia per Stalking all’ufficio denunce e la “StoryBoard” ad un ispettore… i due cercarono lavoro nuovamente in Abruzzo e poi in provincia di Firenze. Trovarono solo vitto e alloggio per qualche mese e poi partirono di nuovo senza aver trovato nulla di certo. In Agosto 2009 trovarono un prete che li lasciò vivere in una stanzetta che non si usava in parrocchia. Qui cominciarono a vivere raccogliendo cibo presso i numerosi locali, ristoranti e supermercati. Trovarono degli ostacoli in alcune persone e tanta cattiveria. Fu un periodo nel quale non avevano nemmeno un telefono. Nacquero le storie più assurde su di loro che culminarono in bruttissimi fatti.
Questo periodo fu etichettato con il nome “Mare Nero”. Dunque da agosto 2009 diciamo che iniziò il periodo denominato “MARE NERO”. I due sbarcarono in questa terra senza soldi e senza amicizie e conoscenze. Questo territorio fu storicamente molto legato al fascismo e la terminologia “NERO” deriva da questo nesso. Il fenomeno non era certamente scomparso rilevando nel territorio una certa nostalgia per tale periodo sebbene attualmente sia esteriormente territorio rosso.
In questo periodo la loro vita subì una svolta radicale ancora una volta. Rappresentava in linea teorica una nuova possibilità, visto che non conoscevano nessuno ed era in un certo senso un territorio vergine. Approfittando di questo fatto, Il primo anno vissero da invisibili: senza telefono, senza essere registrati da nessuna parte, senza collegamenti con la Caritas, senza essere dichiarati dai vigili, senza scrivere in internet!
Un prete aveva dato una stanza della parrocchia in un condominio a qualche km dal centro dove non davano fastidio ai buon-pensanti. La stanza non era utilizzata e loro si arrangiarono senza chiedere soldi al prete o impegni particolari. Erano indipendenti e si procurarono vestiti e cibo autonomamente senza chiedere aiuto alla parrocchia. Sapevano che ogni contatto con la Caritas o cose del genere sarebbe finito in una disgrazia perché la Caritas prendeva i loro nomi e poi si informava presso le altre Caritas e presso le forze dell’ordine in Veneto che erano ormai chiaramente parte avversa… Questo contatto determinava immancabilmente il comando di rispedirli in Veneto, insieme a una cozzaglia di diffamazioni. Questo era già accaduto ad Iseo, Assisi, a Terni, in Abruzzo… e non era difficile capire cosa sarebbe successo in qualsiasi altro posto! Dunque cercarono questa volta di rimanere il più possibile invisibili!
Dunque i due cercarono di cogliere l’occasione data dal prete per rimanere il più invisibile possibile. Questo perché il prete non aveva nemmeno chiesto i documenti e si era pure dimenticato i loro nomi. Dunque dormivano nella stanza ma si spostavano nei paesi limitrofi per cercare cibo e lavoro di modo da non far rumore nel piccolo paese. Questa situazione pareva ottimale per eliminare tutti i problemi avuti precedentemente e magari trovare un lavoro senza passare tra le maglie dei servizi per i poveri.
NB:
iN QUESTO SITO non fu pubblicato nulla a riguardo in un primo periodo,
ed anni dopo usarono dei pseudonimi per indicare questi paesi al posto
dei nomi reali:
-Fenili* come nome per il paese del prete;
-Sammartino* per il paese limitrofo situato a Nord;
-PiediGrossi* e Tiberius* per il capoluogo.
Purtroppo il loro comportamento “misterioso”, ed a Fenili* poco sociale, destò molti sospetti che portarono a considerarli da alcuni come dei criminali che si nascondevano e fu fatta una vera e propria caccia all’uomo mirante a pulire il territorio da gente indesiderata. In realtà in zona vi era gente molto pericolosa ma quelli magari non destavano problemi. Loro due invece davano fastidio perché una signora voleva usare la stanza per i suoi usi e consumi e si mise a fare loro guerra muovendo l’inferno. Una banale signora di paese volontaria nella parrocchia si trasformò in una rovina per i due. I due come controreazione informarono costantemente i carabinieri di Città di Castello perché erano stati gli unici ad ascoltarli nel passato e a confrontarsi con loro per vari giorni e gli unici a poter capire la situazione nel complesso e dunque anche ciò che stava accadendo. Questa signora però non fu messa a tacere dai carabinieri e continuò imperterrita a seminare zizzania su tutti i fronti. Al prete all’inizio non davano fastidio i due perché si arrangiavano, ma la signora andava spesso dal prete a protestare per cui anche lui ad un certo punto divenne ostile. Il prete aveva l’amico d’infanzia che era sindaco, conosceva bene il comandante dei carabinieri locale e aveva amici nella Polizia oltre che nella Curia. Insomma quel che capitava quasi in ogni piccolo paese italiano. Si vedono anche in tv situazioni come queste, come nella Fiction di “Don Matteo” con l’attore Terence Hill: solo che quella è una fiction e nella realtà le cose funzionano in maniera un po’ diversa perché gli esseri umani sono mossi da dinamiche di interesse personale e le persone non sono sempre avvedute...
Nonostante le condizioni di vita difficili e l’azione della donna,
riuscirono a resistere e scrissero in autunno “SCR-Screening” che
mandarono in Questura a Padova e all’ufficio delle Entrate in Veneto.
Poi quell’inverno scrissero anche “Blackcat”, che inviarono poi ai
carabinieri di Città di Castello il 17 aprile 2010 unitamente a
una
versione aggiornata di “Screening”. Con questi documenti speravano di
completare la documentazione già inviata e depositata di modo
che la
vicenda fosse coperta a 360 gradi. Questi documenti spiegavano anche
il
background nel quale si era consumata l’intera vicenda. La speranza in
una soluzione della vicenda non si era mai assopita del tutto e
l’impegno profuso in documenti di questo tipo ne è la prova.
Non tutti
riescono a scrivere documenti di questo tipo, con una struttura
complicata e di così tante pagine! Ma cercavano di far capire
la
situazione e non era possibile con documenti di poche pagine!
Siamo in pieno “Mare Nero”, periodo iniziato ad agosto 2009.
In febbraio 2010 i due avevano avuto per la prima volta l’incontro con
i carabinieri del nucleo radiomobile locale. I carabinieri li avevano
fermati come fossero dei criminali e —capito l’andazzo e l’aria che
tirava— i due chiesero ai carabinieri di mettersi in contatto con il
maresciallo che aveva scritto il verbale il 19/12/06. Nonostante fosse
passata la mezzanotte, contattarono subito il maresciallo e, dopo del
contatto, i carabinieri cambiarono completamente atteggiamento
diventando persino gentili! Questo lasciava presupporre ai due che
sarebbero stati lasciati in pace dai carabinieri e che le cose si
sarebbero chiarite proprio per mezzo dei cc. La pattuglia si era anche
resa conto delle falsità che erano state raccontate ed i due si
resero
conto proprio dalle domande fatte dai carabinieri di tutte le
chiacchiere assurde che stavano andando in giro per il paese.
Quella sera qualcuno aveva chiamato il 112 e questo perché convinto che fossero dei criminali a piede libero e questo era dovuto alle chiacchiere che qualcuno aveva deliberatamente fatto circolare per il paese. Questo era un fatto molto grave. Purtroppo i carabinieri non fecero nulla per bloccare queste chiacchiere e la situazione ebbe un esito fatale mesi dopo per i due.
Alcuni mesi dopo quel primo incontro con il nucleo radiomobile, tra
maggio e giugno verso le 2 di notte, arrivarono di nuovo i carabinieri
a battere come solo loro san fare sulla porta! Questa volta erano
quelli della stazione locale. I due presero paura perché era
evidente
che anche questi avevano informazioni fuorvianti sul loro conto:
venivano mandati carichi, se uno fosse stato un criminale a vedersi
questi come minimo li avrebbe ammazzati sulla porta! Con pazienza i
due
parlarono attraverso la porta, passando anche un foglietto che avevano
spedito ai loro colleghi carabinieri di Città di Castello.
Piano piano
gli animi si calmarono e i carabinieri capirono di non trovarsi
davanti
a quanto era stato loro raccontato! I due aprirono la porta quando si
erano chiarite alcune cose. Questi carabinieri erano stati mandati dal
loro comandante che era diverso dal superiore di quelli cc di febbraio
e non sapeva niente. Vollero i documenti e presero i dati di
identità.
Li passarono al prete. I cc quella sera scoprirono che i due vivevano
in una piccola stanza che non vi era posto per nulla mentre era stato
raccontato loro che vivevano in un bel appartamento con cucina e tutti
i comfort approfittando della bontà del prete. In realtà
non avevano
nemmeno un fornelletto e nemmeno la caldaia e l’acqua calda…
I carabinieri locali ancora una volta avevano dimostrato di non sapere
nulla perché non erano stati informati né dai
carabinieri di Città di
Castello né da quelli della radiomobile incontrati in febbraio!
I carabinieri presero i dati dai documenti. Quello che sembrò essere un normale dovere di un carabiniere fu il preludio alla vaccata del 3 agosto 2010. I carabinieri vengono spesso usati per fare le vaccate senza che essi se ne rendano spesso conto. E difatti non si resero conto di che porta stavano aprendo passando i dati al prete. Vi sono situazione che bisogna affrontare in modo non formale, ma non sono preparati a farlo.
Passata anche questa paura pensarono che ora non avrebbero più avuto problemi con i carabinieri locali!
Ma due mesi dopo, in Agosto arrivò questa volta la Polizia di Stato. La Polizia svolgeva servizio solo in estate in quei luoghi. La polizia non volle ascoltare nulla e nemmeno volle contattare i carabinieri che trattavano il caso. Entrarono con la forza forzando la tapparella della porta finestra. Dentro vi era solo uno dei due. Fu ammanettato, caricato in auto e gli fu imputato un oltraggio a pubblico ufficiale per portarlo via dall’immobile e per dargli un foglio di via. Gli strapparono l’unica chiave in loro possesso e lo portarono in gattabuia in attesa di essere portato in Questura il mattino successivo. In Questura gli fecero un foglio di via senza permettersi di difendersi e spiegare. Nessuno aveva tempo di ascoltarlo! Per loro il caso era chiuso: se ne doveva tornare in Veneto e basta! L’avvocato d’ufficio che si occupò del caso scrisse che era evidente che la Polizia aveva agito in quel modo per liberare la stanza senza ricorrere ai procedimenti di legge che prevedono lo sfratto e un certo iter burocratico! Ma nei paesetti si conoscono tutti, dal prete al sindaco, al comandante… e nessuno va ad ascoltare due poveri. I due ne avevano subite di tutti i colori nel corso degli anni e si capiva benissimo che nessun poliziotto sarebbe stato maltrattato per quella azione. Quando si fece notare al poliziotto che stavano facendo una cosa assurda pregandoli di chiamare i carabinieri per informarsi sul loro caso… il poliziotto rispose “noi siamo Polizia e non siamo secondi a nessuno, tanto-meno ai carabinieri”. E gli chiuse la bocca e non volle sapere nulla! Fu impossibile parlare con la Polizia per cui emisero un foglio di via di tutta fretta creando una delle situazioni più brutali che i due abbiano subito dallo Stato Italiano. Avevano preso solo uno dei due, perché l’altro non era ancora tornato. Furono giorni orrendi che nessuno ha mai pagato. Fu l’inizio del massimo disprezzo per la Polizia di Stato o almeno per quelli che avevano fatto quelle cose e per i carabinieri che non avevano fatto nulla per fermarli. Una situazione orribile in cui sai che non puoi chiedere aiuto a chi è preposto per legge. Una paura mista a rabbia.
Fatto ricorso al Prefetto, i due non tornarono in Veneto ma rimasero a
vivere da senzatetto stando ben nascosti dalla Polizia di Stato che
era
diventata una minaccia tanto quanto i criminali. L’avvocato aveva
specificato chiaramente che l’azione della Polizia e l’accusa di
oltraggio a pubblico ufficiale era stata strumentale per liberare
l’immobile da un personaggio innocuo senza che si applicassero le
procedure di legge. Cioè per asportare a forza i due senza la
procedura
di sfratto.
Ormai la Polizia stessa comportandosi in quella maniera aveva indotto
tutti a non aiutarli e difatti fu così perché le
richieste di aiuto,
esposti, denunce successive non servirono a nulla. I fatti accaduti in
riviera parlano da soli. I fatti veri e non le storielle! I
carabinieri
informati sui fatti non mossero un dito in loro favore. Lasciarono che
le cose capitassero.
Probabilmente l’ispettore che aveva condotto il “blitz” era di estrema destra. Poche ore di contatto furono sufficienti per individuare un profilo psicologico di una persona che odiava i nullafacenti (così erano stati dipinti alla Polizia). Questi esseri di estrema destra videro i due come pidocchi da eliminare dal tessuto sociale. Quella sera purtroppo al nostro protagonista gli scapparono parole che peggiorarono la situazione: quando lo portarono via ammanettato disse che stavano scrivendo una nuova pagina nera della Polizia come quella della Diaz. Il poliziotto si adirò parecchio dicendo con disprezzo verso gli altri due poliziotti cose del tipo “avete sentito? Questo è uno di quelli di Genova…” . Era sicuramente uno legato a quella filosofia e queste parole lo fecero uscire di testa come se fosse stato un attacco alla Polizia intera. Ogni parola in più veniva mal interpretata e per questo il nostro protagonista chiese alla Polizia di mettersi in contatto con i carabinieri che erano informati sui fatti, ma non vollero perché tanto loro sapevano già tutto! Figuriamoci poi come questo personaggio, che è stato ipotizzato legato agli ambienti di estrema destra possa aver agito! Certamente il poliziotto aveva agito in base ad informazioni false senza prima verificarle...ma i suoi preconcetti minavano qualsiasi possibilità di dialogo. Lui doveva estirpare il pidocchio dal territorio.
Però non si è mai verificato l’eventuale legame di questi elementi con il potere di estrema destra. E’ chiaro che quella linea di pensiero è totalmente avversa ai due, visto i documenti prodotti e le denunce fatte negli anni precedenti dove risalta un potere legato a questi ambienti: basti pensare a quello che è scritto in “BlackCat” per capire che i due possono essere perseguitati da quel filone che ha “adepti” e simpatizzanti in tutte le forze dell’ordine. Fu dunque una azione mirata quella del 3 agosto o una azione totalmente slacciata dal resto dei fatti?
Morale della favola i due non poterono più tornare nella stanzetta e i due vissero da Agosto 2010 e per più di 4 anni da senzatetto. Uno dei fu aiutato da una famiglia in settembre 2014 riuscendo a tornare a dormire sotto un tetto e mangiare su una tavola. L’altro passò ancora più di un anno e mezzo prima di uscire da quella condizione. Con il problema che erano rimasti senza più residenza e senza più documenti d’identità validi e senza un modo per rifarli per questioni meramente burocratiche e di persone bestiali. In più con la salute rovinata senza che fosse colpa di nessuno e senza nessun risarcimento. Era chiaro che erano stati fortunati ad essere ancora vivi perché poi la vita non fu meno dura.
Fu una vera persecuzione per quello che avevano denunciato. Nemmeno i
criminali avevano quel trattamento. Durante tutta la fase “Mare Nero”
vi fu una comunicazione di quello che succedeva nel territorio ai
carabinieri di Città di Castello, e richieste ai carabinieri
locali
della riviera: vengono proposte di seguito
Siamo in pieno “Mare Nero”.
Verso la fine del 2011 è più di un anno che i due vivono
da senzatetto.
I loro tentativi di ricevere un aiuto dal sindaco, dai servizi sociali
e dal difensore civico erano tutti naufragati. Si prospettava un altro
inverno che non sapevano se ne sarebbero usciti vivi. Una donna che
lavorava nell’ospedale si propose di aiutarli e lì portò
a casa sua. Vi
era qualcosa che non quadrava perché scoprirono più
avanti che in
realtà si stava facendo pagare l’affitto da un prete per fare
questo.
Qualcuno li mise in guardia e presumibilmente la donna cercò di
ottenere informazioni da loro per poi venderle. Forse contattò
addirittura i parenti o il prete era in contatto con i parenti. Sono
tutte ipotesi senza prove certe, ma la donna cominciò ad
attivarsi in
atti di violenza privata contro i due fino a cacciarli da sera a
mattina in gennaio 2012. Furono portati in pronto soccorso sotto
shock.
I giorni successivi scrissero quanto accaduto in un esposto e lo
depositarono dai carabinieri insieme ad alcune registrazioni prese con
il telefonino. Insieme a quell’esposto depositarono anche un documento
chiamato “Mobbing Sociale” e poi inviarono ai carabinieri anche altri
documenti. Passarono varie volte a chiedere aiuto e se vi erano
novità.
Per un anno i carabinieri risposero che la pratica era in
“lavorazione”
e che chiamavano loro. Da fine gennaio 2012 dunque ricominciarono a
dormire da senzatetto. Ritrovarono le coperte che avevano nascosto
nelle casette al mare dentro dei sacchi neri. E rimasero senzatetto
per
altri anni.
.14.
DENUNCIA DEL SINDACO
Siamo in pieno “Mare Nero”.
Tutte i tentativi attraverso i carabinieri locali a partire da gennaio
2012 non avevano dato nessun risultato… passarono anche l’inverno a
cavallo tra il 2012 e il 2013 all’addiaccio. A gennaio uno dei due
rischiò di morire per il freddo e la malattia. Così
tentarono ancora di
cercare aiuto attraverso Facebook ed emails… Una associazione si disse
solidale ed invio delle lettere al sindaco. Il sindaco non rispose e
l’associazione convinse i due a denunciare il sindaco. La denuncia fu
depositata in Procura della Repubblica del capoluogo. Ma non se ne
seppe nulla. Quelli dell’associazione si diedero per dispersi.
Così i
due dovettero affrontare anche l’inverno del 2013-2014.
Pagina:torture silence
.15.
FOGLIO11
Siamo in pieno “Mare Nero”.
Nel 2014, passati 4 anni dal foglio di via, i due pensano che le acque
in questura si siano calmate e provano a cercare un dialogo facendo
presente quello che era successo in agosto 2010 e delle conseguenze
che
stavano ancora patendo per quell’atto amministrativo inappropriato.
Scrivono dunque un nuovo documento denominato “Foglio11” che inviano
alla Questura e per conoscenza alla Procura della Repubblica di
Firenze.