Riferimenti:
Procedimento penale n.373XX/05 R.G. GIP Procura della Repubblica
di Roma.
Fascicolo nr 49XX/k aperto dal PM in base alla nostra documentazione
inviata in Procura della Repubblica di Roma in data 5/5/5 con il titolo
“ulteriori fatti accaduti dopo xx e fino al 1° maggio 2005”. Tale
fascicolo costituiva un aggiornamento ai precedenti 6 e lo denominiamo
con il codice “R7”
Gravi errori del GIP e del PM
evidenziati dalle loro stesse dichiarazioni
rilasciate in tre documenti:
-Richiesta di archiviazione avanzata dal PM
-Decreto di Archiviazione eseguito dal GIP
-Fax del PM del 03/04/06
Obiettivo di questo documento è di mostrare come, nell’intero
procedimento effettuato presso la Procura della Repubblica di Roma, vi
siano errori oggettivi e lesioni dei diritti fondamentali della
persona, errori che minano le basi del procedimento stesso, rendendolo
completamente sballato.
Questo documento evidenzia, ponendo a confronto “tre carte” prodotte
dal PM e dal GIP, come sia tutto da rifare, e come sia addirittura
impossibile un ricorso in cassazione, poiché la Procura di Roma ha
dimostrato di non essere in grado di garantire i diritti fondamentali,
nemmeno il
diritto alla difesa, al confronto tra le parti e la semplice
acquisizione
di documenti, continuamente smarriti e/o sottratti. E’ evidente che in
condizioni del genere qualsiasi procedimento non può svolgersi
liberamente,
secondo la legge. Il settimo errore, sotto riportato, mostra inoltre a
nostro
avviso, come il PM stesso si sia macchiato di gravi illeciti.
Premessa:
Da Novembre 2004 fino a Aprile 2005 inviamo alla Procura di Roma
numero 6 lettere raccomandate contenenti vari esposti e denunce. Il 19
Aprile 2005, constatando presso la Procura di Roma che tali documenti
non
risultavano pervenuti, ridepositammo tempestivamente un riepilogo degli
stessi, presso l’ufficio apposito primi atti di piazzale Clodio. Al
ritorno
da Roma scrivemmo la denuncia di smarrimento e/o sottrazione, e la
presentammo
direttamente presso altra Procura della Repubblica, visto che pure i
carabinieri
si rifiutarono di accettarla. Per prassi, senza particolare fiducia,
spedimmo,
in data 5/5/5, una raccomandata alla Procura di Roma, descrivendo un
aggiornamento dei fatti e la questione dei documenti sottratti
e/o smarriti. Per l’occasione inviammo la raccomandata senza indicare i
nostri nomi nel
mittente, per vedere se cambiava qualcosa.
E qualche cosa cambiò: l’unica consolazione fu che questa
settima raccomandata, inviata con altro mittente, pervenne al PM, che
aprì il fascicolo 49XX/k, iscrivendo lo smarrimento/sottrazione
dei documenti nel registro delle notizie di reato (art 616 c.pen.);
anche
i due fascicoli del 19 Aprile 2005, depositati a mano, furono perduti.
Il procedimento che scaturì dal nostro settimo esposto ebbe però un
iter molto controverso.
Ora ci basiamo su tre documenti prodotti dal PM e dal GIP per
dimostrare che tutto il procedimento non sta in piedi, ovvero che ci
sono degli
errori oggettivi evidenti, senza approfondimento, e addirittura
interpretazioni errate da parte del GIP riguardo le stesse parole del
PM, contenute nella richiesta di archiviazione.
Tali incomprensioni ed errori non si sarebbero verificati se il
procedimento si fosse svolto regolarmente, dandoci la possibilità di
intervenire nella discussione e di fornire prove, memoria difensiva e
quant’altro
previsto in procedimenti regolari.
E’ da notare che quanto è successo è grave, e denota un
imbarbarimento del diritto e della giustizia: basti pensare che il
diritto romano ha sempre goduto di questi sani principi. Si legge,
addirittura sulla Bibbia, che “non è costume dei Romani consegnare un
uomo
prima che l’accusato sia stato messo a confronto con gli accusatori, ed
abbia avuto la possibilità di difendersi dalle accuse.” (Atti degli
Apostoli 25,13-17) .
Sembra proprio che siamo tornati indietro, a più di duemila anni
fa!
Analisi
Analizziamo la richiesta di archiviazione, il decreto di archiviazione
e il fax del 3/4/2006. Questi tre documenti, riportati in copia in
questo documento, dimostrano gravi errori intercorsi nel procedimento.
Primo errore:
il GIP interpreta erroneamente le parole contenute nella
richiesta di archiviazione presentatagli dal PM.
Ne consegue che il Decreto di Archiviazione perde uno dei suoi
presupposti per essere legittimo.
La richiesta di Archiviazione, effettuata dal PM in data 04/10/2005, ed
a noi notificata tramite fax il
09/11/05,
ribadisce che il nostro esposto “ulteriori fatti………” è pervenuto alla
Procura, e non si è verificata nessuna sottrazione del medesimo. La
frase di per sé non è scritta chiaramente, ma il PM,
visto la sparizione di vari documenti, ci tiene a sottolineare che
quest’ultimo a lui pervenuto non ha fatto la stessa fine degli altri,
ossia è pervenuto e non si è verificato per quest’ultimo nessuna
irregolarità.
Nelle righe successive il PM dichiara gli esposti precedenti a quello
menzionato non sono pervenuti. E tale affermazione, per annullare
qualsiasi dubbio, è ribadita ancora nel fax del
3/4/06 ove dichiara “posto che le
denunce scomparse restano non pervenute” (
Click per vedere l'elenco delle
denunce scomparse).
Il GIP dichiara, verso le ultime righe del decreto di archiviazione:
“ritenuto, peraltro, che la notizia di reato sia manifestamente
infondata, per i motivi esposti nella condivisibile richiesta del P.M.,
cui si rinvia.”
Il GIP ha preso “fischi” per “fiaschi” interpretando in maniera errata
le parole del PM: non vi è alcuna condivisione nella richiesta
di archiviazione. Il PM vuole chiudere tutto perché non ha elementi se
si verta in sottrazione e/o smarrimenti, mentre il GIP manifesta
di chiudere tutto perché il reato è manifestatamente infondato!
Per togliere ogni dubbio basta leggere il fax dell 03/04/06, successivo
all’archiviazione, ove si riporta "che le denuncie scomparse rimangono
non pervenute"!
E’ da sottolineare che le parole del PM, ad uno primo sguardo possono
risultare di difficile lettura e possono avere tratto in inganno il
GIP. In ogni caso, proprio l’errata interpretazione delle informazioni
contenute nella richiesta di archiviazione da parte del GIP, minano
irrimediabilmente la base e la validità del decreto stesso, e
delle considerazioni relative. Con questi presupposti tutte le
considerazioni successive sono inevitabilmente errate, perché basate su
un errore iniziale.
E' da verificare l'autenticità del fax, ma in questo chi l'ha scritto
ci ha favorito, visto che è stato scritto a mano.
Per quanto detto sopra, visto che viene meno la veridicità
"dell'infondatezza del reato" affermata dal GIP, viene anche meno
la validità del decreto
di archiviazione. Si tratta di un errore in origine, dovuto
all'interpretazione errata delle affermazioni del PM. Il GIP stesso era
comunque venuto in possesso, tramite lo stesso fax di opposizione
del 10.11.2005, di numero due avvisi di ricevimento, timbrati dalla
Procura che attestavano che tali documenti erano arrivati in Procura.
Tali documenti non sono mai stati protocollati, nè inoltrati
ad un magistrato.
Inoltre il PM era in possesso di una lista di raccomandate
numerate
che non erano pervenute, ed elencate nell'esposto a lui pervenuto.
Bastava
una semplice indagine della polizia postale per verificare che tali
raccomandate
esistevano ed erano state sottratte e/o smarrite. Dunque non vi è
nemmeno la presunzione di una manifesta generalità del reato, tanto
da non poterlo identificare precisamente. Non riusciamo a capire cosa
possa
aver fatto commettere al GIP un errore così eclatante, e non riusciamo
nemmeno a capire quale spiegazione plausibile possa essere data per
determinare
un'infondatezza di reato con le prove da noi fornite.
Il GIP sostiene che “non qualsiasi indicazione di indagine suppletive
rende ammissibile l’opposizione ed obbligatorio il confronto tra le
parti nell’udienza a ciò destinata”. Quest'ultima dichiarazione
perde di importanza una volta mostrato l'errore del GIP, relativo
all'infondatezza del reato. Infatti viene meno il presupposto
dell'archiviazione e il diniego del confronto delle parti.
Il GIP inoltre, visto le prove inviate, doveva giustificare il motivo
dell'archiviazione, specificando per quale motivo riteneva infondato il
reato,
e non limitarsi a censurarlo genericamente. Se il reato è infondato,
come sostiene il GIP, cosa è successo agli esposti/denunce e che
fascicoli
hanno generato? Non hanno generato nulla.
Di conseguenza per quanto detto e per la gravità del reato
manifestatosi all'interno di una Procura, nonchè Procura di
riferimento, il GIP ha compiuto un illecito non permettendo alla parte
lesa il confronto e la difesa. Si rinvia inoltre per maggiori
dettagli alla sentenza
della
cassazione sezione VI penale del
14 Marzo-28 Giugno 2001.
Secondo errore:
data impossibile contenuta nel decreto di Archiviazione
Nelle prime righe del decreto il GIP scrive “ .. asseritamene commesso
in Roma il 22.6.2005 ..”.
Non era possibile per noi dichiarare un reato commesso in data futura,
visto che l’esposto era stato inviato il 5/5/5, e dunque non poteva
contenere la descrizione di un reato avvenuto in data 22.6.2005. Si
tratta dunque di un altro errore gravissimo. Noi non riusciamo a capire
quale scambio di informazioni siano avvenute tra il PM ed il GIP:
abbiamo verificato
anche eventuali errori di battitura, ma non abbiamo trovato nessuna
data
che possa essere simile. E’ ammissibile che anche in questo caso il GIP
abbia preso “fischi” per “fiaschi”. L'unica spiegazione plausibile è
che si sia indagato proprio sull’unico esposto pervenuto, certamente
presente in data 22/06/05: l’indagine sarebbe molto banale ed inutile,
poiché lo stesso PM dichiara di esserne in possesso. Ovvero
sembra che si riferiscano all'unico esposto arrivato e che ha
determinato l'apertura del fascicolo e l'iscrizione del reato 616 nel
registro delle notizie di reato. E naturalmente questo esposto non è
stato sottratto e fin qui siamo d'accordo tutti. Ridendo e scherzando,
diciamo che il giorno 3 di Gennaio 2006, data dell'archiviazione, non
si era ancora passata la nottata del
primo dell'anno, e magari prima ci si doveva riprendere dalla baldoria
:
ci chiediamo pure chi vi fosse in quei giorni in Procura. Per altre
questioni
non riuscivamo a trovare un avvocato disponibile prima del 10 di
Gennaio,
erano tutti in ferie!
Terzo errore:
grave anomalia nel procedimento con lesione del diritto fondamentale
della difesa
La lesione del diritto alla difesa si è presentata perchè
non è stato possibile far pervenire in Procura documenti, prove,
elementi per le indagini, memoria difensiva nelle maniere consentite
dalla legge. La
lesione del diritto della difesa si è manifestato anche per quanto
detto nel "quarto errore".
Il GIP scrive: “
non qualsiasi indicazione di indagine
suppletive rende ammissibile l’opposizione ed obbligatorio il confronto
tra le parti nell’udienza a ciò destinata, ma soltanto l’indicazione di
indagini idonee a porre in discussione i presupposti della richiesta
del P.M. e a
determinarne eventualmente il rigetto”. Fornire indicazioni e
prove utili per le indagini per noi era un’impresa quasi impossibile:
degli
stessi fax, inviati al numero diretto del PM, è registrato solo
il primo, mentre tutti i precedenti esposti, inviati per raccomandata o
depositati a mano sono stati sistematicamente sottratti e/o smarriti.
Questo
si evince dalle stesse parole del PM scritte nel fax del 3/4/06.
Non solo le 6 raccomandate e i 2 documenti depositati manualmente erano
andati sottratti, ma il fatto si ripeté anche per la raccomandata
inviata il 21 Novembre 2005, che conteneva molti elementi utili e
prove. Dunque siamo stati impossibilitati a fornire al PM quanto
avevamo a disposizione. Dunque la decisione del PM e del GIP è stata
fatta senza avere a disposizione il nostro materiale, rifiutandosi con
il loro comportamento, di voler analizzare altri elementi. Non è una
questione di decidere se l’elemento è idoneo per l’indagine, poiché
nemmeno sono entrati in possesso di questi elementi. Il PM inoltre era
stato informato, tramite fax e lettera, del nostro stato di povertà che
ci rendeva impossibile un viaggio a Roma.
Pensare che il diritto romano si studia ancora oggi, ed ogni cittadino
ha diritto a difendersi: cosa è successo ad una regola fondamentale
come questa?
Secondo i nostri studi anche questa decisione del GIP è illeggittima
considerando quanto stabilito dalla
sentenza
della cassazione sezione VI penale del 14 Marzo-28 Giugno 2001.
Dunque reputiamo non valide le ragioni indicate dal GIP, anzi le
consideriamo illeggittime! Consideriamo inoltre fuorviante e non
aderente alla nostra realtà la sentenza di riferimento
19618 indicata dal GIP per
giustificare il rigetto dell'opposizione. Ci sembra invece
più consona quella menzionata sopra del 2001.
Si rammenta inoltre che l'archiviazione, senza il confronto delle parti
e senza contradditorio, è invocata per limitare le indagini inutili e
non deve essere utilizzata come strumento arbitrario, perchè va
a ledere uno dei diritti fondamentali della giustizia. Non è nemmeno
ammissibile un comportamento del genere seppur credendo nella
infondatezza del reato. Occorre ricordare che il diritto è stato fatto
per
l'uomo e non viceversa!
Che giustizia vi può essere se i casi sono chiusi senza aver
istruito un processo e senza aver sentito le parti? E' una giustizia da
paese non democratico!
Tale decisione è aggravata dal fatto che il reato 616, verificatosi
all'interno della Procura, è un reato gravissimo. Il GIP avrebbe dovuto
valutare, a maggior ragione, che in presenza di un reato del genere,
potevano essere inquinate le stessa procedure e prove, dunque
dovrebbe essersi preoccupato di sentire i diretti interessati! Non ci
si basa su quello
che si sente in giro, senza verificare i fatti. E' un principio pure
scientifico. Non siamo al bar!
Inoltre la constatazione “
non qualsiasi indicazione di
indagine suppletive rende ammissibile l’opposizione ed obbligatorio il
confronto tra le parti nell’udienza a ciò destinata, ma soltanto
l’indicazione di indagini idonee a porre in discussione i presupposti
della richiesta del P.M. e a determinarne eventualmente il rigetto”
non può essere determinante in casi come il nostro dove invocavamo
delle indagini per reati di mafia. Dobbiamo forse noi sostituirci al
lavoro del PM, e fare le indagini al posto loro? Sembra proprio di si,
perchè fornire prove consone significa pure doversi arrangiare a fare
le indagini, e prevedere che queste siano accettate come tangibili. Per
quale motivo le prove da noi fornite, presenti nel fax di opposizione
del 10/11/2005, non sono state considerate idonee almeno per
contattarci, e si è continuato sulla strada dell'infondatezza
del reato?
Quarto errore:
lesione del diritto al confronto tra le parti
Il GIP, rifacendosi alla sentenza della cassazione, ha inoltre spiegato
che non era necessaria la nostra presenza e il confronto tra le parti.
In questa maniera ci ha chiuso l’unica porta rimasta, attraverso la
quale potevamo presentare la nostra difesa e tutti i documenti che
erano stati sottratti, ovvero presentare il tutto durante il confronto.
La decisione del GIP è ovviamente la conseguenza dell’aver preso
“fischi” per “fiaschi” come descritto nel primo punto. Infatti
ritenendo che il reato è infondato, non vi è nemmeno bisogno di un
confronto! Ci avrà considerati matti! Ma non si possono accettare le
decisioni del GIP, perché il GIP ha dimostrato di non essere in
grado nemmeno di leggere e capire la stessa richiesta di archiviazione
che gli proveniva dal PM.
La decisione del GIP, come descritto nei punti precedente, è
da noi considerata illeggittima a fronte della
sentenza della cassazione sezione
VI penale del 14 Marzo-28 Giugno 2001 (vedere le parti sottolineate).
Quinto errore:
non si è provveduto a vigilare sull’invio degli esposti e/o denunce
Il PM afferma che i precedenti esposti e/o denunce non sono
pervenuti. Questa affermazione è contenuta nella richiesta di
archiviazione e ribadita nel fax del 3/4/06.
E’ da considerare che in data 21/11/05 abbiamo inviato una lettera
raccomandata, contenente ulteriori elementi e in allegato tutti i
documenti precedenti che non risultavano pervenuti. Tale lettera è
stata
anticipata da un Fax al numero diretto del PM, che informava dell’invio
di tale lettera raccomandata, e chiedeva una particolare vigilanza sul
suo arrivo.
Anche tale raccomandata sembra essere stata smarrita, e lo si evince
dalle stesse parole del PM. E’ da notare inoltre come i carabinieri ,
dove eravamo letteralmente bloccati in condizioni di fame, non abbiano
mai voluto aiutarci, nè a far pervenire i documenti che risultavano
smarriti, nè per metterci nelle condizioni di far pervenire
un’opposizione valida. In realtà i carabinieri si erano limitati a dire
che non erano cose di loro competenza. Il fatto che i carabinieri ci
avevano lasciati a noi stessi è evidenziato in un documento apposito
contenuto nel fascicolo “Beatrix 2006”. Tale comportamento ci aveva
indotto a dover chiedere aiuto alla Polizia, cosa che si è
concretizzata con la denuncia-querela presentata in Questura, sempre
contenuta del fascicolo menzionato.
Sesto errore:
si è fatto un procedimento su un fascicolo incompleto
Il PM afferma che i precedenti esposti e/o denunce non sono pervenuti
(vedi richiesta di archiviazione e fax del 3/4/06). Lo stesso titolo
dell’unico esposto pervenuto, “ulteriori fatti accaduti dopo xx Marzo e
fino 1 Maggio”, evidenzia che si tratta di un documento di
aggiornamento. Come ha fatto il PM a fare un’indagine seria senza
analizzare i documenti precedenti? Mancano infatti tutti i fatti sui
quali il documento pervenuto si basa.
Rimandiamo alla lettura del documento stesso perché ci si renda conto
come la questione dei documenti spariti sia solamente una premessa al
contenuto
dell’esposto. Ripetiamo che la denuncia di sottrazione e/o smarrimento
era
stata da noi presentata presso la Procura di Milano, continuando
comunque
a spedire ulteriore documentazione a Roma. La vicenda principale del
documento
e dei fatti di Marzo risultano completamente ignorati! Il PM non
si
è preoccupato di recepire la documentazione precedente ed ha ignorato
anche le nostre richieste ove chiedevamo come fare a fargli pervenire i
documenti
senza che questi vengano ulteriormente sottratti e/o smarriti! La
richiesta
di archiviazione e la relativa archiviazione denotano come il PM ed il
GIP
non abbiano voluto saperne di questi documenti, perchè il reato
continuò
a manifestarsi, e con la chiusura del procedimento senza contradditorio
ci
hanno impedito di consegnarli a mano o di esporre prove e memoria
difensiva!
Settimo errore:
IL PM dichiara il falso e occulta documentazione!
Non ottenendo alcuna risposta delle Procure della Repubblica ordinarie,
non sapendo più che cosa fare, chiedemmo aiuto alla Procura Militare di
Roma, in via delle milizie, inviando un esposto in giugno 2005, ed
allegando tutti i documenti che erano stati smarriti in Procura
Ordinaria. La procura militare inviò il fascicolo, in data
4/7/2005, a quella ordinaria
di piazzale Clodio, non ravvisandovi reati di tipo militare.
Recatici
subito in Procura ordinaria a Roma il 22 Marzo 2006, per capire l'iter
della
pratica "militare" il dipendente ci diede il numero 44
XXX/O5B di riferimento indicandoci pure che era
stata chiusa in data 3 Gennaio 2006.
Sempre il 22 di Marzo, ci recammo allora presso gli uffici del PM che
aveva aperto il fascicolo del 5/5/5. Il PM non c'era perchè in ferie!
Un impiegato ci disse che il fascicolo 49XX/k del 5/5/5 era stato
passato al GIP. Mentre eravamo alla porta ci richiamò indietro per
dirci che Il fascicolo era molto corposo, poiché in esso era confluito
altro materiale da un altro PM. Noi stessi vedemmo il nome del PM dal
terminale e alcuni altri dati.
Andammo così dal GIP e riuscimmo ad ottenere il decreto di
archiviazione del primo fascicolo scoprendo che era stato chiuso anche
questo il 3 gennaio 2006, ovvero la stessa data di chiusura di quello
"militare". Subito non ci
facemmo caso perchè eravamo così sopresi di quella chiusura senza
notifica.
Nei giorni successivi ci siamo resi conto che in pratica i nostri
esposti smarriti dalla Procura ordinaria erano comunque arrivati al PM
, da altro PM, il quale gli aveva ricevuti a sua volta dalla Procura
militare.
Però eravamo sconcertati perchè non si capiva, a fronte di
tutto questo, il motivo per il quale il PM insisteva sul fatto che le
denunce
continuavano a risultare non pervenute. Ad un certo punto cominciammo a
dubitare
delle parole stesse del PM: il fascicolo in suo possesso conteneva
anche tutto
quello che era stato sottratto precedentemente, sostituito dal
materiale arrivato
dalla Procura Militare. La nostra tesi era confermata da quanto avevamo
visto,
ovvero:
-i due fascicoli erano stati chiusi lo stesso giorno;
-il terminale a video indicava la confluenza di un altro fascicolo.
-non avevamo avuto nessuna richiesta di archiviazione per il fascicolo
militare, tanto da far pensare che la richiesta per il primo è servita
anche per il secondo.
Confermando queste ipotesi, arrivavamo però a concludere
che il PM è a conoscenza dei contenuti di quanto era stato sottratto
e/o smarrito, e ancora peggio ha di sostanza dichiarato il falso nella
richiesta di archiviazione e pure nel fax del 3.4.2006.
Solamente in settembre 2006 ci siamo resi conto di un particolare
fondamentale che ci era sfuggito.
Il 22 Marzo 2006,appena recatoci in Procura Ordinaria per chiedere
informazioni sull'iter della pratica "militare", l'impiegato ci
diede come riferimento il numero 44
XXX/O5B.
In realtà tale numero corrisponde al codice di iscrizione del
reato 616 nel registro
delle notizie di reato, indicato nella richiesta di archiviazione
prodotta
dal PM, pervenutaci con il fax del 9.11.2005. Per essere più precisi
il fascicolo militare ci era stato indicato con il numero "44
XXX/O5B", mentre nell'archiviazione il numero
che
compare in alto a sinistra era scritto nella forma "05/44
XXX". Dunque tra i due numeri vi è solamente
una differenza, una "B" che sta ad indicare un "bis" o cosa del genere.
Allora è risultato evidente che il PM non solo ha dichiarato il falso,
ma ha pure occultato il fascicolo militare dentro quello preesistente,
in modo che non si venisse a scoprire la verità. Così il PM, in un
colpo solo è riuscito a chiudere tutti i due i fascicoli.
In maniera indiretta egli stesso diventa l'autore del reato di
sottrazione, ed è dunque logico che l'intero procedimento è fuorilegge,
inconsistente
e fuorviato da indagini inconsistenti e gravate da illeciti commessi
dal
magistrato stesso. E' chiaro dunque anche il motivo per cui il PM non
voleva
procedere e archiviare il caso il prima possibile, adducendo che non vi
erano
elementi per stabilire se si trattava di smarrimento e/o sottrazione e
chi
poteva essere eventualmente l'autore, visto che uno degli autori
era
proprio lui. Il PM si è spinto a tanto perchè era convinto
che la cosa non sarebbe mai emersa, convinto pure che noi saremmo morti
e
insieme con noi le schifezze da lui fatte. Sui motivi che possono aver
portato
il PM a comportarsi in maniera così poco dignitosa possiamo ipotizzare
che sia inserito nella rete di amiconi che citavamo sulla pagina
principale.
Ottavo errore:
considerare, da parte del PM, l’ipotesi di smarrimento piuttosto che
di sottrazione.
Il PM dice che non vi sono elementi per stabilire se si verta di
smarrimento o sottrazione. Noi diciamo che, scientificamente, in base
alle leggi statistiche, non possiamo trovarci assolutamente davanti al
reato di smarrimento: ci troviamo evidentemente davanti al reato di
sottrazione.
Non si tratta di un’opinione ma di un dato scientifico, dunque
reputiamo
che su questo punto il PM stia compiendo un grosso errore tecnico.
Secondo
infatti le stesse parole del PM ci troviamo di fronte allo smarrimento
di
9 documenti su 10, un dato troppo alto per essere di origine casuale!
Non
servono prove per dimostrarlo, lo dimostra la statistica stessa con le
sue leggi scientifiche! Se non accettiamo nemmeno le leggi scientifiche
siamo nel kaos completo.
E' chiaro comunque, per quanto detto nel "settimo errore" non vi era
nessuna intenzione da parte del PM di fare indagini serie.
Nono errore:
considerare, da parte del PM, valida la richiesta d’archiviazione
via fax e non valida la nostra opposizione via fax.
Il PM deve aver ritenuto idoneo comunicarci la richiesta
d’archiviazione via fax, poiché la via normale, tramite raccomandata o
altro presso il domicilio, non poteva dare alcun risultato. Infatti non
ci trovavamo più in Veneto, per salvarci la pelle. Di conseguenza, se
la richiesta d’archiviazione tramite fax ha valore legale, abbiamo
ritenuto valida legalmente anche la nostra opposizione tramite fax. Il
comportamento del PM ha legittimato anche il nostro fax, anche ad
avviso della stessa Polizia, da noi interpellata.
Tuttavia il GIP ed il PM hanno rigettato la nostra opposizione, perché
non avvenuta nei modi standard di legge, senza considerare che la loro
richiesta d’archiviazione ha subito lo stesso iter.
Non ci è stata comunicata la non validità dell’opposizione, impedendoci
di trovare altre soluzioni, esempio l’uso della firma digitale per
autenticare i documenti inviati via Internet, come per molte pratiche.
Non ci è stato comunicato nemmeno che si erano riuniti in Camera
di Consiglio il 3 gennaio ’06 (almeno così ci disse il cancelliere del
GIP, a noi non è chiaro se vi sia stata una camera di consiglio),
chiudendo tutto, neanche tramite fax.
Insomma, la validità del loro fax serviva al GIP ed al PM solo per dare
l’avvio alla chiusura di ogni fascicolo nostro.
Ribadiamo che al momento della ricezione della notifiche della
richiesta di archiviazione ci trovavamo in condizioni di indigenza.
Vivevamo in tenda in riva al lago, patendo la fame e il freddo. Per il
fatto che non eravamo residenti il comune ove calpestavamo il suolo non
si interessò al nostro caso. Solo grazie alla carità di una famiglia
che ci aveva
lasciato un posto per la tenda e l'utilizzo dei bagni con l'acqua calda
siamo
sopravvissuti. I carabinieri di quel luogo pur essendo stati avvertiti
della
situazione non hanno mosso un dito per aiutarci. Ci hanno risposto che
non
era loro competenza. Alla ricezione del fax, in data 9.11.05 abbiamo
tentato
di fare il possibile per capire e fare opposizione. Abbiamo dovuto
contare
solamente sui nostri mezzi, perchè anche il difensore civico
interpellato
il giorno seguente si rifiutò di aiutarci, ci trattò malamente,
sempre per il fatto che non eravamo residenti. L'unica cosa che
riuscimmo a fare fu scrivere un fax di risposta. Dopo alcuni giorni,
grazie alla carità di un sacerdote di un altro paese, che non ci
conosceva, riuscimmo pure a inviare una lettera raccomandata. Il
nostro comune di
residenza pur invocato più volte non volle mai aiutarci. Solamente
molto più tardi, in febbraio 2006 ci furono le condizioni per andare
dalla Polizia e dovemmo farlo di nascosto, ma dopo pochi giorni fummo
sbattuti
in strada. La situazione vissuta fu molto grave, ad esempio una persona
della San Vincenzo aveva sentito delle chiacchiere che eravamo
delinquenti
ed era stata spinta a non aiutarci (avevamo avuto del formaggio, del
latte,
della pasta). Ce lo disse ma poi ci aiutò lo stesso.
Dopo l'invio di alcuni fax di risposta a quello del PM del 9.11.05 non
ottenemmo nessuna risposta. Non sapevamo dunque se erano pervenuti e la
domanda era plausibile visto tutte le sparizioni dei documenti
precedenti.
Così chiedemmo aiuto per email anche al difensore civico del comune
di Roma e pure al sindaco Walter Veltroni che ci rispose attraverso la
sua
segreteria chiedendoci ulteriori informazioni. Da alcune pagine
internet
ci pareva che Veltroni conoscesse il PM e allora speravamo
eventualmente
in un interessamento del sindaco per far da ponte per comunicazioni che
normalmente
venivano sottratte. Avevamo chiesto anche un aiuto pratico al sindaco
di
Roma, ci saremmo trasferiti subito se ci dava una mano, infatti a noi
stava
a cuore seguire il procedimento aperto perchè era l'unica strada
per pulirci da tutto il fango che ci era stato tirato addosso. Ma dopo
aver
specificato in dettaglio la situazione il sindaco di Roma non ci
rispose
più. Continuammo a vivere in tenda fino al 23 di Dicembre 2005, in
condizioni misere senza la possibilità di difenderci e senza la
possibilità
di fare un'opposizione valida, senza la possibilità di recarci a
Roma in Procura.
Riepilogo
Tutto quello che è accaduto sembra allinearsi con l’idea che
assolutamente i nostri documenti non dovevano pervenire in Procura.
Infatti di norma i documenti sono stati sottratti e/o smarriti.
Se per sbaglio uno di questi fosse pervenuto, tra l’altro inviato
tramite interposta persona, se ne doveva chiudere il procedimento di
fretta senza darci la possibilità di un confronto, e senza preoccuparsi
di venirne in possesso delle denunce perse. Il reato inoltre ha
continuato a manifestarsi anche nei nostri tentativi successivi di
fornire tali esposti e/o denunce, dunque a Roma continuano ad accadere
questi reati seppur il GIP li ritenga infondati. Il PM stesso
si è reso complice di dichiarazioni false.
Nel tempo in cui potevamo comunque andare a Roma personalmente e
chiedere un confronto siamo stati in qualche maniera “bloccati” in
Lombardia.
Giunti ormai in condizioni di povertà per tutti i fatti accaduti
, nessuno ci aiutava: abbiamo vissuto per mesi in una piccola tenda
igloo
patendo la fame e il freddo. Nemmeno i carabinieri locali, pur da noi
informati, avevano voluto aiutarci, mentre nel paese si era
sparsa
la voce che eravamo delinquenti, così avevamo difficoltà
a chiedere qualsiasi aiuto. In quei mesi avevamo tentato di
uscire
dalla situazione in tutte le maniere, cercando di interessare
assistenti
sociali, sindaci, associazioni. Nessuno voleva aiutarci e alcuni
avevano
ricevuto delle pressioni esterne per non farlo.
Quello che è successo in quei mesi è ampiamente descritto nei documenti
contenuti nel riepilogo “Beatrix 2006”. Anche questo comportamento è in
linea con tutti gli altri, ovvero di metterci fuori uso.
Nel frattempo invece si erano prodigati a farci piovere addosso varie
accuse, molte delle quali erano conseguenza indiretta della sottrazione
dei documenti a Roma e del mancato intervento dell’autorità.
In questa maniera non solo abbiamo perso l’azienda, il lavoro, l’auto,
la casa ma siamo stati anche ingiustamente condannati e fatti passare
per ladri e delinquenti. Siamo stati diffamati anche nei luoghi dove ci
eravamo trasferiti, tutto nell’ottica di impedirci di ritornare a
trovare
un lavoro e fare una vita normale.
Con la chiusura del procedimento da parte del GIP, non solo non si è
istruito un regolare processo, ma non si è nemmeno voluto conoscere la
verità, visto che non siamo stati nemmeno posti in grado di fornire
documenti e prove, e non si è voluto nemmeno
un confronto ed un dialogo con la parte lesa.
E' evidente, per le false dichiarazioni del PM che sembra avere
più senso una denuncia del PM presso una procura esterna.
Per tutti i fatti accaduteci e per quanto accaduto in Procura chiediamo
che sia aperto un procedimento dove si analizzano congiuntamente tutti
i
reati e dove si faccia l'ipotesi, per gli indagati di
associazione
a delinquere di stampo mafioso.
Le tre carte
documento 1- Richiesta di Archiviazione avanzata dal PM
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Le tre carte
documento 2- Decreto di Archiviazione
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Le tre carte
documento 3- Fax del 3.4.06 del PM di risposta a una nostra
richiesta di delucidazioni
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