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69. MareNero: ANNO PRIMO


Agosto 2009

In questa pagina si ripercorrono i fatti salienti del primo anno


APPENA ARRIVATI IN ZONA IN AGOSTO 2009...
LA SITUAZIONE  SI RIVELA SUBITO DIFFICILE, troviamo una stanza dove stare al numero 21 nel Comune di Fenili* . Ci sembra di buon auspicio visto che la nostra casa in Veneto aveva il numero 21. E' uno sgabuzzino, ma ha il bagno e mettendoci due materassi a terra diventa ospitale. Ma subito si muove un marasma di gente locale contro di noi, in particolare qualcuno che aveva già previsto di utilizzare quella stanza per i suoi comodi. E dunque parte subito una guerra sporca per farci cacciare.

14 SETTEMBRE 2009

ECCO IL FAX INVIATO AI CARABINIERI CHE SPIEGA LA SITUAZIONE:


A SEGUITO DEL FAX INVIAMMO ANCHE UNA EMAIL DOVE REPLICAVAMO IL FAX E METTEVAMO ALTRE PAGINE  DETTAGLIATE che si sarebbero costate troppo da spedire via fax (nel fax avevamo avvertito che mandavamo anche l'email).

NOI VIVIAMO NEL TERRITORIO SENZA SOLDI RECUPERANDO CIBO DAGLI ALBERGHI E DAI VARI NEGOZI. PASSIAMO IN GENERE DI SERA CON MOLTA DISCREZIONE  E LO FACCIAMO DI FUORI DAL TERRITORIO DI FENILI*. RIUSCIAMO A RACCOGLIERE PANE, BRIOCHES CHE BUTTANO I BAR LA SERA, ANCHE ALTRO CIBO CHE VERREBBE BUTTATO. PER NON ESSERE TROPPO DI PESO NON PASSIAMO MAI IN MANIERA CONTINUATA IN UN POSTO, MA CERCHIAMO DI ANDARE IN POSTI DIFFERENTI.  NON VI E' LA CARITAS IN QUESTI LUOGHI O LA MENSA. NON AVEVAMO MAI VISSUTO IN QUESTA MANIERA. SIAMO DISPERATI MA CI DIAMO DA FARE E PENSIAMO CHE SIA SOLO UN MOMENTO BRUTTO. MA LE COSE NON CAMBIANO E PASSANO I MESI COSI'. IL PARROCO NON CI AIUTA CON IL CIBO, MA E' TANTO CHE CI LASCI  DORMIRE NELLA STANZA AL NUMERO 21. NON ABBIAMO UNA CUCINA NE' ACQUA CALDA NE' RISCALDAMENTO E DUNQUE LE COSE CHE RECUPERIAMO LE MANGIAMO SEMPRE FREDDE.
A DICEMBRE PERO' LE COSE SI COMPLICANO...

05 DICEMBRE 2009


A DICEMBRE LE COSE SI COMPLICARONO E SCRIVEMMO UN ALTRO FAX
AI CARABINIERI DI CITTA' DI CASTELLO : DATA 5 DICEMBRE 2009





                            
IL FAX DICEVA:

 

 
5/12/09

 

Premesso che da alcuni mesi riceviamo l’aiuto del parroco di FENILI* , il quale dopo averci ospitato in parrocchia per alcuni giorni, ci ha lasciato le chiavi di una stanza in una struttura condominiale, al momento parzialmente utilizzata.

Fatto: il sacerdote il 29/11/09, improvvisamente, ci ha comunicato che dobbiamo lasciare la stanza, su pressione di alcuni parrocchiani, poiché su di noi non sono state raccolte informazioni.

Su questi presupposti il prete ci ha chiesto i dati completi. Ci siamo riservati di prendere tempo in quanto è plausibile che il parroco, non appena possesso delle informazioni, farà ricerche, e questo riporterà i noti problemi anche in questo luogo, rendendoci la vita impossibile.

Riteniamo non vi sia motivo che il sacerdote entri nella nostra vicenda; per quanto riguarda gli obblighi di legge relativi alle dichiarazioni delle generalità delle persone, chiediamo come possiamo risolvere la questione, senza far transitare i dati per la parrocchia.

Inoltre si rende noto:

Che al momento non disponiamo di nessuna risorsa pecuniaria, e ne caso fossimo messi in strada non saremmo nemmeno in grado di spostarci dalla zona: non disponiamo di un telefono e non abbiamo idea di dove poterci recare (si veda quanto narrato nei documenti già inviati).

 

6 FEBBRAIO


PASSANO I GIORNI E I MESI E NULLA CAMBIA.
E' MOLTO FREDDO, SEMPRE SENZA SOLDI. MA ABBIAMO ANCORA LA STANZA AL NUMERO 21.
PERO' SIAMO MOLTO OSTEGGIATI DA PERSONE CHE CI VOGLIONO MANDARE VIA.
NON SAPPIAMO COSA FARE.
IL 6 FEBBRAIO CAPITA UN FATTO NUOVO...



06 FEBBRAIO 2010

  CONTATTO CON PATTUGLIA RADIOMOBILE DI Sammartino* E CARABINIERI DI CITTA' DI CASTELLO.






«E’ da poco passata la mezzanotte, dalla strada notiamo che vi è la luce accesa nella stanza accanto alla nostra. A quest’ora possono essere solo i giocatori: mentre camminiamo qualcuno di loro sta guardando fuori e probabilmente ci ha visto in lontananza. Noi proseguiamo diritti fino al sottopassaggio del treno. Aspettiamo un po’ dall’altra parte e ritorniamo a controllare se se ne sono andati. Controlliamo spesso, camminiamo anche per scaldarci. Mentre siamo nel sottopassaggio arriva una pattuglia dei carabinieri e ci blocca proprio come si fa con i criminali. Noi siamo agitati, i carabinieri non ci conoscono e vogliono sapere chi siamo, ci hanno detto che sono stati chiamati a intervenire. Intervenire per cosa? Non siamo ubriachi e nemmeno facciamo fracasso. Diamo i documenti. Ci chiedono se sono veri: una domanda che reputiamo veramente insolita. Capiamo dalle loro domande e dal loro comportamento che sono stati investiti in qualche maniera dalle diffamazioni sul nostro conto, e per infondere un po’ di fiducia alla pattuglia spieghiamo un po’ la nostra situazione e li invitiamo a prendere informazioni su di noi dal  comando di CITTA'  DI CASTELLO. Mentre uno di loro chiede l’autorizzazione per mettersi in contatto, l’altro ci fa delle domande precise: capiamo dai discorsi che fanno che hanno varie informazioni su di noi, sanno ad esempio che siamo delle persone ospitate dal prete. Parlando dei motivi per cui abbiamo sempre i zaini spieghiamo che è per il fatto che i parrocchiani hanno le chiavi della nostra stanza, e non possiamo lasciare documenti incustoditi. Il carabiniere ci fa ripetere la frase davanti al suo collega, per fargli sentire la questione delle chiavi. Appena ottenuta l’autorizzazione e posto il contatto con CITTA' DI CASTELLO, vengono informati sul nostro caso dal collega che ci porta i suoi saluti, ci informa che anche l’ultimo fax è arrivato, e ci invita a telefonargli se ci sono problemi. »

Tra le altre cose apprendemmo che non si trattava di una pattuglia dei carabinieri di Fenili*, ma di una di quelle del paese vicino di Sammartino*  al quale la locale stazione fa capo, tuttavia competenti a intervenire in caso di chiamata del 112.

 

Quella sera i giocatori rimasero fino a circa le due di notte, tentavano di capire se saremmo tornati, e noi entrammo più tardi. Forse era stato proprio uno di loro a chiamare la pattuglia, convinto che volevamo nasconderci perché criminali. Comunque in ogni caso, al di là della nostra possibile ricostruzione, qualcuno aveva pur chiamato i carabinieri quella sera e avrà dovuto dare delle spiegazioni per chiederne l’intervento! Forse tizio non riuscendo a entrare nella nostra stanza una settimana prima  pensando che avessimo cambiato la serratura, e preoccupato, appena ci vide dalla finestra chiamò il 112 segnalandoci come persone pericolose. Ma queste cose le sanno precisamente solo i carabinieri e non noi, a noi fu solo detto che erano intervenuti subito in seguito a chiamata.

 

 Dopo l’intervento dei carabinieri non ci arrivarono più le letterine e speravamo che la cosa si fosse risolta anche con il giocatore che consideravamo collegato in qualche maniera ai carabinieri: ipotizzavamo dunque che i carabinieri avevano ricontattato il prete e tizio  spiegando la nostra situazione, oppure che li avevano tranquillizzati, seppur ufficiosamente, da chi ci riteneva così pericolosi.

Il prete lo incontrammo altre volte in giro per il paese, ma non si fermò mai per parlarci e per noi era segno che era tutto a posto. Il giocatore invece lo vedemmo varie volte dallo spioncino della porta, era venuto anche a tagliare l’erba varie volte nel giardino; ogni tanto portava a giocare una nuova “recluta” anche il pomeriggio, venimmo a sapere attraverso il muro che era esperto di tecniche di autodifesa. Da “ganzo” raccontava alla nuova recluta che conosceva pure metodi per bloccare le risse, imparati nei corsi di autodifesa. Il giocatore per quanto a noi risulta, non ci vide mai in faccia. Ci vide da dietro, vide i nostri zaini, entrò nella stanza senza bussare e chiusa a chiave, una volta quando noi eravamo all’interno ma non ci vide nemmeno in quella occasione perché si tirò indietro appena scoprì che eravamo all’interno.



[1] Ci è sembrato di capire che loro avevano l’informazione che i parrocchiani non avevano le chiavi per entrare e per controllare cosa facessimo nella stanza.

17 APRILE 2010





17 APRILE 2010
 IL 17/04/2010 INVIAMMO AI CC DI CITTA' DI CASTELLO, TRAMITE POSTA UN CDROM CONTENENTE DUE DOSSIER:


P
  • THE BLACKCAT ;
  • SCR SCREENING.



QUESTI DUE DOCUMENTI FURONO PUBBLICATI ANNI DOPO. SI TROVANO ANCHE QUI IN AUTODIFESA.
  1. ../doc/Veneto_Background.pdf
  2. ../doc/Scr.pdf


ANCHE DOPO L'INVIO DEI DUE DOCUMENTI A CITTA' DI CASTELLO NULLA CAMBIA.
CONTINUIAMO A VIVERE COME PRIMA. NON TROVIAMO CHI CI AIUTI IN MANIERA PIU' IMPORTANTE COME AD ESEMPIO CON UN LAVORO.

MA A GIUGNO CI SPEDISCONO DI NUOVO I CARABINIERI. STAVOLTA NON QUELLI DI SANMARITONO* MA QUELLI DI FENILI* CHE NON SANNO NIENTE. VENGONO DI NOTTE FONDA. UN ALTRO COLPO AL CUORE.

1/06/2010:

I CARABINIERI DI NOTTE

Il 1 giugno 2010 verso le ore  2:30 della notte, si presentò una pattuglia dei carabinieri della locale stazione di Fenili*, composta da due carabinieri, i quali si mettevano a suonare il campanello ripetutamente e  picchiare violentemente sulla porta e sulle tapparelle. All’inizio ancora pieni di sonno, non capendo di chi si trattasse cautamente non rispondemmo, ma essi continuando con maggiore insistenza, svegliarono parte del vicinato: sembrava volessero buttare giù la porta. Noi subito pensammo fossero i soliti Albanesi vicini di casa, che non erano nuovi a fare queste scenate di giorno: eravamo impauriti e senza un telefono per chiamare aiuto ci sentivamo in gabbia. Furono momenti di grande paura[1] e di indecisione sul da farsi. Aprimmo solo dopo aver visto la macchina di servizio dei CC dallo spioncino della porta con il lampeggiante acceso[2]. I CC volevano assolutamente entrare,  erano pure convinti che all’interno ci fosse un’altra persona oltre a noi. Dopo il baccano iniziale e la violenza insita in un’azione che poteva apparire portata avanti contro dei criminali in flagranza di reato, e non contro dei cittadini che stavano dormendo, le cose a forza di spiegazioni si calmarono. Ci dissero che dovevamo liberare la stanza, per decisione del parroco che aveva chiesto il loro intervento. “Il parroco non sa nemmeno chi sta ospitando” ci dissero e “dunque siamo venuti anche con l’obiettivo di identificarvi”. Dunque ci comunicarono  che era stato il parroco a chiedere il loro intervento.

Noi mostrammo i passaporti, a proposito ci chiesero se erano falsi e si presero i dati. Riferimmo di chiedere informazioni ai CC di Città di Castello  o ai carabinieri intervenuti il 6 febbraio, della loro tenenza, che già conoscevano la nostra situazione. Facemmo vedere ai CC pure il fax spedito ai CC di Città di Castello  il 5/12/09. Tutto questo per fare capire loro che non eravamo perfetti sconosciuti o persone che si nascondevano o delinquenti come era stato loro riferito. I carabinieri ascoltarono e trascrissero i nostri nomi e alcuni dati, dunque ci invitarono a presentarci in caserma la mattina dello stesso giorno, per parlare con il loro comandante, a proposito della nostra posizione. Videro con i loro occhi il posto e constatarono di persona che non ospitavamo nessuno nella stanza.

 

Ritenemmo che l’azione di intervento dei CC fosse stata un po’ troppo pesante nei nostri confronti: da collasso o infarto, e credemmo che il loro modo di agire fosse stato viziato da grossi malintesi a nostro danno che pensavamo già risolti con i CC della tenenza a cui facevano capo. Ritenevamo dunque opportuno questa volta mettere per iscritto alcuni tratti dell’intera vicenda occorsa, spiegandone l’evoluzione da quando arrivammo nel paese. Nel caso in cui i carabinieri o il prete ci rimettessero in strada, come ci era stato palesemente annunciato dalla pattuglia, indicammo per iscritto che non saremmo stati in grado di trovare altre soluzioni abitative, ed era altresì difficile che altre parrocchie ci aiutassero per quanto già dichiarato negli ultimi documenti inviati ai Carabinieri di Città di Castello, e precedentemente, attraverso il lungo verbale di dicembre 2006 depositato agli stessi.

 
Quanto comunicatoci dai carabinieri  di “lasciare la stanza” andava in contrasto anche con il suggerimento dei carabinieri già intervenuti la notte tra il 5 e il 6 febbraio 2010 i quali ci avevano consigliato al contrario di  restare nella stanza.



[1] Ricordiamo che in passato dovemmo fuggire in più occasioni delle situazioni pericolose e in alcune di queste vi erano implicati degli Albanesi, dunque la nostra paura era pienamente tangibile. Tali fatti sono già stati raccontati all’autorità.

[2] La cosa non era comunque rassicurante, è  da tener presente che nella zona furono arrestati pure dei ladri che rubavano vestiti da carabinieri (informazione proveniente da quotidiani locali).



Prima di andare a parlare con il comandante pensammo fosse meglio andare a sentire i carabinieri della tenenza con i quali eravamo entrati in contatto il 6 di febbraio. Questi ci rimandarono a parlare con il comandante della stazione locale, ma ormai era tardi e lasciammo passare l’appuntamento[1]. Reputammo comunque conveniente presentarci dai CC con qualcosa di scritto, che potesse lasciare una traccia dunque cominciammo a scrivere una lettera, fuori casa e in santa pace fino a quando non la finimmo verso le quattro del mattino. Evitammo così anche lo stress che venissero a farci un’altra scenata notturna, come tra l’altro ci era stato promesso se non ci fossimo presentati dal loro comandante.

Il 3 giugno, dal comandante si presentò solo Giovanna e con la lettera di 10 pagine scritte a mano, dove veniva posta per iscritto la vicenda al fine di fare chiarezza. Il comandante appena vide Giovanna si mise a urlare, tanto che lo sentirono tutti i presenti: era evidente che le persone del paese avevano riversato tutta la loro rabbia sul prete e questi sul comandante, il quale era stato interpellato dal prete per sbatterci fuori. Il comandante all’inizio dichiarò che non voleva nemmeno leggere la lettera, perché non gli interessava la nostra storia; aveva solo il compito di “consigliarci di andare via” e se non fossimo andati via di nostra volontà, il prete e il sindaco[2], che è un avvocato (che noi non conosciamo), ci avrebbero fatto uno sfratto legale, e messa la nostra roba fuori, e nel caso di danni fattaci causa legale e spedito tutto al magistrato. Giovanna consegnò la lettera e lo invitò a chiamare i suoi colleghi carabinieri per verificare quanto da noi detto e per prendere utili informazioni, ma egli non ne volle sapere. Il comandante non abbassò i toni e continuò a urlare, Giovanna comunque chiese con cortesia di leggere la lettera appena avesse avuto del tempo e avrebbe voluto riparlarne, ed uscì.

 

Nella lettera sottolineammo l’inopportunità di un intervento di una pattuglia in piena notte,  il fatto che noi non eravamo persone sconosciute: eravamo già in contatto con i carabinieri “Regione-2” ed con quelli ai quali loro fanno capo. Inoltre i CC avevano già provveduto a prendere i nostri dati e informazioni in proposito, e ci avevano consigliato a rimanere nella stanza della parrocchia[3]. Scrivemmo che era scioccante essere trattati ogni volta da delinquenti o essere spaventati in piena notte per delle questioni che noi intendevamo già risolte.

 

Scrivemmo pure che eravamo fermamente convinti che i rapporti con il parroco avrebbero potuto essere sanati dai malintesi accorsi a causa di ingiurie e diffamazioni che erano state poste in giro per il territorio, e che quindi credevamo fermamente in una loro azione di intermediazione per spiegare appieno al Parroco e ai parrocchiani il nostro comportamento. Chiedemmo anche di consultare i colleghi della “regione-2” che avevano una visione aggiornata e storica dell’intera nostra vicenda. La lettera terminava indicando la decisione di  mettere per iscritto quanto vissuto nel paese per due motivi: primo, per fare chiarezza, perché il danno di tutte queste chiacchiere e di tanto odio ci stava distruggendo la possibilità di tornare a una vita decente. Secondo, tale documento all’occorrenza poteva essere inviato come integrazione ai magistrati.

 

Per la comprensione è utile precisare:

il parroco godeva della massima fiducia da parte del comandante e dunque qualsiasi parola del medesimo nei nostri confronti fu presa come verità assoluta, senza nemmeno ci potesse essere il minimo dubbio da parte del comandante, e senza che questi si preoccupasse di sentire la nostra versione. Purtroppo il prete nel chiedere l’intervento dei CC si espresse probabilmente con termini non appropriati e creò indirettamente una falsa apparenza dei fatti. Ad esempio il prete raccontò di ospitarci in un monolocale e che la comunità ci aveva pagato le bollette, ed il carabiniere era pure convinto che mangiassimo a loro spese: cioè che la parrocchia si fosse completamente presa  carico della nostra situazione. Il comandante ancora prima di vederci era del pensiero che eravamo persone ingrate e che volevamo approfittare della situazione continuando a vivere sulle spalle del prete. Era pure convinto che tale “monolocale” serviva ora a altre famiglie bisognose del paese e ci elencò, seppur non conoscendoci, come persone meno bisognose di altre perché non aventi figli.

In realtà quello che il prete chiamava monolocale era una piccola stanza che prima del nostro arrivo era utilizzata da sgabuzzino  per le cassette vuote della verdura, non era certo ammissibile mettere in quel posto una famiglia. Inoltre non era corretto sostenere che ci pagavano luce, acqua e gas. In realtà non ci fu mai dato il gas: noi vivemmo sempre senza riscaldamento e senza acqua calda. Al di là dei particolari la terminologia usata dal prete e i termini specifici “monolocale” e “luce/acqua/gas” avevano dunque indotto a pensare che vivevamo in un appartamento con tutto il necessario per condurre una vita decente: non era così,  mancavano tutte le cose essenziali e noi per sopravvivere dovemmo andare di nostra iniziativa a cercare cibo negli alberghi. Come già spiegato fu una vita indescrivibile che non ci permise mai di poter rialzarci da quella situazione. In pratica, a parte la concessione della stanza, eravamo stati lasciati soli dalla comunità e non aiutati. Tutte queste cose il comandante non le sapeva.


[1] E’ da considerarsi che ci muovevamo a piedi.

[2] Non abbiamo ben capito cosa centrasse il sindaco, noi non siamo mai andati in comune: probabilmente il parroco aveva già raccontato la vicenda —di due sconosciuti che lui ospitava in un monolocale— al sindaco e aveva preso spunto con lui sul da farsi visto che era pure un avvocato.

[3] Pensavamo si fossero sentiti con il prete



Non sapevamo come i carabinieri e il parroco avrebbero reagito alla nostra lettera, potevamo aspettarci sia di poter restare altro tempo o di trovarci sfrattati da un momento all’altro con la nostra roba fuori. Certo è che eravamo così stanchi e provati che non preparammo nemmeno le valigie. Ci caricammo sugli zaini qualche documento in più, per non lasciarlo nella stanza. Noi continuammo ad avere il problema di trovare da mangiare e non avevamo altre possibilità di reazione, perché non avendo soldi né per prendere il treno né per telefonare, eravamo impossibilitati a fuggire da quella brutta situazione come pure cercare altre soluzioni. Non avevamo  nemmeno tante energie per tentare strade nuove. Volevamo informare tramite un fax o una lettera i carabinieri “regione-2” degli ultimi fatti ma in quei giorni non avevamo soldi per compiere tale operazione. Se ci avessero buttati fuori saremmo andati probabilmente a piedi nei paesi confinanti, l’esperienza ci ha già insegnato come i paesi limitrofi si allineino tra loro, ossia se  nel paese i malintesi avevano coinvolto carabinieri, sindaco e parroco era ragionevole pensare che questi potessero influenzare negativamente qualsiasi ipotesi di aiuto esterna. Noi dunque avremmo desiderato di lasciare il comune il prima possibile, ma non vi erano alternative.

 

Anche se non ci sfrattarono subito le cose probabilmente non erano cambiate, perché nessuno rispose alla nostra lettera e nessuno arrivò con segni di pace, qualcosa da mangiare, con qualche proposta di lavoro, con un telefono per noi, o con almeno un biglietto del treno: insomma la gente rimase fredda come prima segno tangibile che non ci volevano tra i piedi e che cercavano solo che ce ne andassimo quanto prima. Il paese tra l’altro pur essendo località di mare e  trovandosi in mezzo tra due importanti posti turistici era rimasto di mentalità prevalentemente agricola, gente poco aperta, e per certi aspetti rimasta più indietro dei suoi vicini. Insomma gente con soldi, attaccata alla roba ma con poco amore per gli altri e non a caso il mangiare lo avevamo trovato quasi esclusivamente fuori dal luogo.

 

Insomma seppur la nostra lettera riportava l’intera questione a un grosso malinteso e apriva dunque la strada per una possibile riappacificazione, l’occasione non fu raccolta dalla contropart



e.



Al di là di tutto, in questo paese volevano sempre spingerci contro i carabinieri: lo fece Monica quando il 28.11.09 disse che avrebbe li avrebbe chiamati, lo fece qualcuno il 6 febbraio 2010, lo fece il prete il 31.05.10 e lo volevano fare  i vicini. Ci volle molta pazienza e sangue freddo per sopportare questi comportamenti, soprattutto con i problemi della fame e dei soldi latenti. Se non avessimo avuto pazienza saremmo passati dalla parte del torto, e probabilmente era quello che qualcuno voleva, utilizzando persone e autorità come burattini.


3 GIUGNO 2010

VEDERE LA LETTERA DI INIZIO GIUGNO CONSEGNATA AL COMANDANTE Di FENILI*

IL PEGGIO NON ERA ANCORA FINITO.
PENSAVAMO CHE DOPO LA LETTERA LASCIATA AL COMANDANTE DEI CARABINIERI DI FENILI* LE COSE SI SAREBBERO SISTEMATE.
MA NON FU COSI

3 AGOSTO 2010

DOPO DUE MESI CI MANDARONO LA POLIZIA DI NOTTE.




3 AGOSTO 2010

Nell'agosto  2010, proprio l'anniversario della morte del padre di Giovanna, tre elementi della Polizia di Stato irromperanno nella stanza dove abitavamo. E trovandomi da solo mi porteranno via a forza  e mi faranno un foglio di via con obbligo di tornare in Veneto. Notare che io non aprii la porta. Entrarono forzando la porta finestra. Anche se avevano la chiave non potevano aprire la porta con la mia chiave inserita dall'interno!

Entrarono in tre e cominciarono a rovistare il Posto e le borse alla ricerca di qualcosa di compromettente che non trovarono.

Quanto successo è dettagliato in altre pagine.

Ovviamente era una persecuzione continua: chi ci voleva rovinare la vita, non essendo riuscito a farlo tramite i carabinieri di Sammartino* e di Fenili*, ingaggiò la Polizia di Stato che era presente nel territorio solo d'estate in occasione del massiccio afflusso turistico.

La Polizia  non mi fece nemmeno parlare.. Entrò e mi portò via e mi diede un foglio di via che era sostanzialmente illegale...

E' colpa anche di questa gente se la mia vita è andata a rotoli. Ma non hanno mai pagato. Continuano a voler nascondere quel che hanno fatto.



Chiamai il 112 e arrivò una pattuglia composta da tre carabinieri. Pregai di chiamare Città di Castello e di parlare con il maresciallo Vincenzo Viscito di quello che stava succedendo, sperando che questi spiegasse alla Polizia di Stato la reale mia situazione. Ma non fecero nulla!

Io questa violenza  non l'ho mai dimenticata! E purtroppo come queste cose le hanno fatte una volta so che potrebbero rifarle. Dunque la mia vita non è più stata tranquilla. La mia fiducia è calata. Non ho trovato persone che mi abbiano fatto cambiare idea .


























Ecco uno screenshot dell'email inviata a città di castello:


 


 

TRASCRIZIONE IN TESTO DEL RICORSO AL PREFETTO

09.08.2010

Ricorso al Prefetto
avverso al Foglio di Via




PREFETTURA DI PIEDIGROSSI*

Ricorso gerarchico ex DPR 1199/71 avverso foglio di via Questura di PIEDIGROSSI* in data 04.08.2010.

L'Avv. Fabio  <nome avvocato>,   procuratore giusta delega in calce al presente atto del Sig.  <cognome nome>    , residente in via  <indirizzo residenza>  ed elettivamente domiciliato presso di lui in via  , espone:

al Sig.  <cognome>  è stato ordinato il rimpatrio presso il Comune di residenza per avere occupato abusivamente per circa un anno un appartamento di proprietà della Curia sito in  Fenili* ed aver opposto resistenza a Pubblico Ufficiale; nonché per altri presunti fatti.
Si propone opposizione all'anzidetto provvedimento per i seguenti
Motivi:
Il Sig.  <cognome>   ha occupato un appartamento della Curia.
Nei suoi confronti non è stato emesso alcun provvedimento giurisdizionale legittimante il rilascio dell'immonile: ad esempio , sfratto esecutivo, sequestro civile, sequestro penale.

Ciononostante, il Sig.  <cognome>   è stato materialmente tirato fuori dall'immobile da parte della P.S.
A tale occasione va ricondotta la presunta resistenza a Pubblico Ufficiale, ascritta al Sig.  <cognome>   evidentemente per giustificare siffatte modalità di riconsegna.
Altrettanto strumentale alla emissione di foglia di via, finalizzato all'allontanamento, alla rimozione, di un individuo tanto scomodo quanto innocuo.

Oltre alla mancanza delle condizioni di emissione del foglio di via, si aggiunga che la sera del 03.08.2010 il Sig.  <cognome>  ha visto per l'ultima volta la Sig.ra Giovanna  <cognome>   , sua moglie, con lui convivente nelle sue vicissitudini, della quale è impossibilitato ad avere notizie.
Ciò in quanto nella notte tra il 3 e il 4 agosto il Sig.   <cognome>  è stato prelevato dall'immobile della Curia e tenuto poi in custodia presso la P.S. SAMMARTINO*.
Non possedendo la coppia telefono né recapiti reciproci, il Sig. deve necessariamente trattenersi, se non in  Fenili* almeno in Provincia di PIEDIGROSSI*, per cercare la moglie.
Tutto quanto esposto, il sottoscritto procuratore
Chiede
Che l'Ill.mo Sig. Prefetto di PIEDIGROSSI* voglia
Preliminarmente, sospendere l'esecutività dell'opposto provvedimento e, in via principale, dichiararlo nullo, annullabile e di nessun effetto.
Allega:
1) Copia foglia di via impugnato.
2) Copia verbale di identificazione.
3) Copia patente  <cognome>

PIEDIGROSSI*,  09.08.2010


<Segue timbro e firme di rito>




CONCLUSIONI DEL PRIMO ANNO

LA FINE DEL PRIMO ANNO  SI CONCLUDE CON UNO SFRATTO OPERATO A FORZA DA PARTE DELLA POLIZIA DI STATO E CON UN FOGLIO DI VIA E CON IL DIVIETO DI TORNARE A Fenili* PER TRE ANNI  E CON NESSUNA NOTIZIA RECIPROCA.

IO MATTEO COMINCIO AD AVERE UNA PAURA TREMENDA DELLA POLIZIA DI STATO E UN SENSO DI VOMITO PER I CARABINIERI PERCHE' MI LASCIARONO DA SOLO IN QUESTA SITUAZIONE PUR CONOSCENDO I FATTI. OGGI GIORNO SO CHE POSSO ASPETTARMI QUALSIASI COSA DALLA POLIZIA DI STATO.